Gli amici di Fede e Luce pellegrini all’Arsenale della Pace

È possibile vedere gli occhi di un bambino e il suo grande sogno senza spegnerlo

«Quando la nostra avventura è iniziata, nel 1964, eravamo un piccolo gruppo di ventenni: molto giovani, inesperti, ma con un ideale pulito nel cuore. Il nostro sogno era quello di sconfiggere la fame nel mondo. Non però combattendola, bensì sradicandola nel vero senso della parola».

Sono parole di Ernesto Olivero, fondatore del Sermig (Servizio Missionario Giovani), da sempre impegnato al fianco dei più deboli ed emarginati. Ed è proprio da lui che le cinque comunità di Fede e Luce presenti in Piemonte e Valle d’Aosta hanno voluto ritrovarsi domenica 16 giugno con l’ormai consueto pellegrinaggio di fine anno prima delle vacanze e del campeggio ad Andora nel mese di agosto.

Un pellegrinaggio che quest’anno ha avuto come filo conduttore gli incontri di Gesù in Galilea seguendo la traccia che Fede e Luce Internazionale ha proposto per tutte le comunità sparse nei cinque continenti. Passando da Nazaret a Betania, da Cana a Gerusalemme, da Cafarnao a Emmaus Lo abbiamo seguito fino a Torino. E lì, Lo abbiamo incontrato, vivo, risorto, un uomo straordinario e un Dio affidabile, pratico e docilmente rivoluzionario. Negli amici di Biella e della Val d’Aosta, in quelli di Mondovì e Cuneo nonché nel servizio d’ordine e organizzativo della comunità di Torino. Ma anche nelle persone che ci hanno accolto nella semplicità e che lungo la giornata ci hanno accompagnato dentro l’Arsenale della Pace.

Alle 11.30 la Santa Messa insieme agli amici del Sermig ci ha fatto respirare una Chiesa bella, semplice, giovane e attenta nella cura dei particolari. I canti e l’accompagnamento musicale, assolutamente professionali e qualificati, dove solo Toto, il nostro percussionista d’eccellenza, ha potuto aggregarsi mantenendo alto il livello, erano forieri di un messaggio di sostanza in perfetta sintonia con il tenore del Vangelo proclamato. Il regno di Dio Gesù lo paragona a un seme gettato nel terreno di fronte al quale il contadino non può far altro che attenderne la crescita con pazienza: non vi sono pulsanti o touch screen che all’improvviso ci portino a interfacciarci con il seme dormiente nel terreno e a sollecitarne la produzione repentina dei frutti. Un’immagine fantastica che suona come un invito a ripercorrere i rapporti vissuti in tanti momenti a Fede e Luce durante quest’anno. L’appuntamento mensile della festa che ci vede tutti, persone rese fragili da una disabilità intellettiva, famiglie e amici a custodire quel seme dell’amicizia, talvolta piccolo come un granellino di senape ma in grado di crescere e far ombra a chi desidera fermarsi nella corsa della vita e respirare aria buona.

Esistono oggi, più di ieri, molti servizi che aiutano le persone disabili e le loro famiglie. Ma non sempre è facile portare aiuto in quell’aspetto più delicato e soggetto a essere eluso, perché difficile da vivere, ossia quella condizione dell’animo in cui si viene a trovare chi vuole una risposta al dolore innocente. Fede e Luce è sorta, più di cinquant’anni fa, con l’intento di sottrarre le famiglie a questa tentazione di isolarsi, di tagliarsi fuori dalla vita “normale”, perché pian piano scoprano che proprio il loro figlio più fragile può essere fonte di solidarietà e di unione con gli altri. Non siamo un gruppo di volontariato, ma di amici. Una visita, una passeggiata, una merenda, una pizza, un gelato, una telefonata, una preghiera possono alimentare un sentimento di appartenenza, valore e integrazione. Per tutto questo abbiamo voluto ringraziare e mettere i piccoli frutti nelle mani di “Maria Madre dei Giovani” in questo giorno speciale.

E poi, un altro momento essenziale, soprattutto per i nostri ragazzi: il pranzo! “L’uomo è ciò che mangia”, riprendendo la famosa frase del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, “ma – aggiungiamo noi – soprattutto se lo fa in compagnia”. Ecco che quell’ora diventa un’occasione ghiotta per condividere non solo il cibo ma per fare esperienza che apparteniamo a qualcuno, a qualcosa: una famiglia, un gruppo di amici, una comunità. Quel tavolo attorno a cui gli 80 partecipanti alla giornata si sono seduti a mangiare ci ha ricordato i nostri legami di appartenenza. Oggi più che mai anche a Fede e Luce abbiamo bisogno di avere qualcosa in comune, abbiamo bisogno di comunità-casa.

I sorrisi sui volti soddisfatti dei partecipanti erano di buon auspicio per intraprendere nel pomeriggio la visita guidata all’Arsenale della Pace fatta con grande maestria e sapienza dalle nostre due guide che ci hanno condotto al cuore dell’esperienza del Sermig. Quella fabbrica da cui erano uscite le armi delle guerre del Risorgimento e quelle impiegate dall’esercito italiano nella Prima e Seconda guerra mondiale, ormai da più di quarant’anni è diventata una casa sempre aperta, una casa accogliente, con qualcuno sempre disponibile ad ascoltare, a prendersi cura, a consolare, a dare una carezza, a non giudicare mai. L’arsenale della piazza, che diventa lo spazio per incontrare bambini e ragazzi che abitano il quartiere multietnico di Porta Palazzo; il laboratorio del suono; la scuola per artigiani restauratori; l’ospitalità maschile e femminile e tanti altri spazi impregnati di speranza comunicano vita, gioia, semplicità, cura, attenzione.

La visita guidata termina partendo dall’inizio: alla soglia del Sermig c’è una nicchia scura in cui riposa un grande sasso. Il sasso della compassione, così si chiama, è corroso lentamente da una goccia. Istante dopo istante la goccia plasma il sasso, lo modifica nel tempo, in modo inizialmente impercettibile, eppure costante e inesorabile. È come il bene che, spesso, non si vede e sembra inutile davanti alla vastità del male, eppure, se è tenace, il bene scava la roccia e la modifica per sempre.

Quando, poi, torniamo nella sala per salutarci e chiudere insieme il nostro pellegrinaggio, alle comunicazioni di Liliana, coordinatrice della provincia Un Fiume di Pace, che ci ha raggiunto da Milano per vivere con noi l’intera giornata, segue la consegna di un dono simbolico a ogni comunità. Una noce di cocco tagliata a metà, decorata artisticamente e dall’incavo dorato con all’interno una piccola luce che ci ricorda la vocazione di Fede e Luce: essere una piccola luce (piccola come una goccia) che accesa e riaccesa nei giorni può rendere più bello il mondo.

Due piccoli segni, due carismi fioriti negli anni del Concilio si sono incontrati, due pagine del grande libro della storia della Chiesa scritte dallo Spirito.
Che impatto potranno avere vite così piccole sul palcoscenico della storia? Potranno mai riorientare gli equilibri precari e bizzarri della geopolitica dei nostri giorni? Sono quesiti a cui non so rispondere… Tra le mani ho il libro di Ernesto che raccoglie tre mesi di pensieri nella rubrica da lui curata su Avvenire e qui trovo un’immagine suggestiva di un sognatore, innamorato pazzo del viandante di Galilea, che forse è già una risposta:

«Nella stanchezza, nelle delusioni, l’amore resta amore, come la vela resta vela. Il nostro viaggio, cari amici, darà i frutti sperati. Forse li vedremo. Magari sul momento non sapremo chi ringraziare, ma il miracolo delle nostre scelte, del nostro cambiamento, sarà compiuto. E, se non dovessimo vederli, non importa. Altri li raccoglieranno. A noi sarà bastato dire: ‘Io la vela, Tu il vento’».

Accorcia la distanza e aumenta l'amicizia

Fede e Luce - 5x1000

96000680585 è il codice fiscale da riportare sulla tua dichiarazione dei redditi, nel riquadro dedicato alle onlus.

Ti potrebbero interessare